Le divinità egizie
I testi sacri della religione egizia risalgono al III millenio a.C. e testimoniano come fosse incentrata sulla fertilità della terra, che dipendeva a sua volta dalle piene del fiume Nilo. La religione egizia presenta alcuni aspetti particolari che la distinguono, in un certo qual modo, dalle altre religioni dell'area mediterranea nell'antichità.
Una delle caratteristiche essenziali della religiosità egizia è lo sviluppo di diversi culti locali, questo accadde a causa delle grandi distanze dei centri abitati e dal conseguente isolamento dei gruppi umani ivi residenti. Infatti, da un punto di vista amministrativo l'Egitto era suddiviso in 42 distretti (nomoi) ed ogni divinità egizia era strettamente connessa con il nomos di origine ed aveva un centro di culto locale, come Osiride ad Abvdos e Path a Menfi. Il rilievo dato alle divinità nelle singole regioni territoriali può essere spiegato anche con la divisione del paese in Alto Egitto (la parte meridionale) e in Basso Egitto (la parte settentrionale), che ebbero caratteristiche diverse e si svilupparono in modo indipendente anche dopo l'unificazione territoriale. Anche nel periodo successivo, quando le figure divine tendono ad unirsi in gruppi, i cicli delle leggende ad esse relative erano collegate ai centri sacerdotali appartenenti a città diverse.
Un'altra particolarità della mitologia egizia riguarda l'adorazione per gli animali (zoolatria), cioè una religione che ha una origine molto antica dove il contatto con l'ambiente naturale e pastorale ne ha favorito il culto: ecco perché la vacca, il cui latte era indispensabile per la vita umana, assunse il ruolo di madre del genere umano, così il toro e l'ariete che rappresentavano le forze virili (di sesso maschile, da persona adulta e che denota forte senso di responsabilità). Questi culti non si estinsero nemmeno nell'ambito di una società agricola.
Quasi tutte le antiche divinità del pantheon egizio presentano, quindi, caratteristiche zoomorfe (che hanno la figura di un animale o lo rappresenta con statue e dipinti o segni), basti pensare a Bastet (il gatto), ad Hator (la mucca), ad Anubi (lo lo sciacallo) e così via.
Successivamente, nel periodo dinastico, la religione egizia si avviò gradatamente verso uno sviluppo antropomorfico della nozione del dio, che integrarono i precedenti elementi naturalistici. Gli dei vennero raffigurati con un aspetto umano dalla testa animale (antropomorfo e zoomorfo) e gli animali continuarono ad essere oggetti di culto in molte regioni.Un'altra costante riscontrabile nella mitologia egizia è,dunque, quella politeistica. Decine di divinità affollavano il pantheon egizio, anche se il Sole fu sempre al centro di una venerazione particolare. Proprio questa stella fu anche protagonista , anche se per un breve periodo, dell'unico episodio, nell'ambito della religione egizia, di monoteismo, o più correttamente di enoteismo, in quanto un dio rappresentava tutte le divinità venerate. Infatti durante la XVIII Dinastia del Nuovo Regno il faraone Amenofi IV stabilì il culto del Sole, con il nome Aton, sostituendolo alla divinità solare che adorava Amon. Lo stesso faraone cambiò il suo nome da Amenophis ("pace di Amon") in Akhenaton ("Aton è soddisfatto"). La nuova religione solare ebbe breve vita e già il genero di Akhenaton, Tutankhaton, restaurò l'antico culto, cambiando il proprio nome in quello di Tutankamon ("immagine vivente di Amon").
Enoteismo - indica un tipo di religiosità che prevede la preminenza di un dio su tutti gli altri, tale da accentrare su di esso tutto il culto; è pertanto una forma di culto intermedia tra politeismo e monoteismo, in cui è venerata in particolar modo una singola divinità, senza tuttavia negare l'esistenza di altre divinità, di cui però di solito è sottolineata l'estraneità e/o l'inferiorità.
Enoteismo - indica un tipo di religiosità che prevede la preminenza di un dio su tutti gli altri, tale da accentrare su di esso tutto il culto; è pertanto una forma di culto intermedia tra politeismo e monoteismo, in cui è venerata in particolar modo una singola divinità, senza tuttavia negare l'esistenza di altre divinità, di cui però di solito è sottolineata l'estraneità e/o l'inferiorità.
Il
Faraone
era la suprema autorità della piramide sociale Egizia, era infatti
considerato come un figlio degli dei e dio stesso.
La
parola "Faraone" significa "grande casa", veniva
raffigurato con la barba ricurva o fissata al mento da un nastro.
Altri
simboli dichiaravano il suo potere, come la corona, bianca quella
dell'Alto Egitto, rossa quella del Basso Egitto, doppia quella del
Paese Unificato.
Attaccata
alla cintola del gonnellino aveva una coda di animale, variamente
identificata in una coda di cane o di toro.
Il
Re impugnava un bastone pastorale ricurvo ed il flagello. Sulla sua
testa compariva spesso l'Ureos, il serpente cobra femmina,
rappresentazione dell'occhio del dio solare; sulle spalle era
appollaiato il falco Horus, il figlio diIside ed Osiride.
Al
sovrano ci si poteva avvicinare solo nell'atto del suddito che si
prostra sino a baciare la terra.
La
giornata tipo del Faraone era minuziosamente organizzata, da una
parte gli impegni ufficiali, dall'altra le occupazioni domestiche.
I
luoghi, gli uomini e gli dei
Ogni divinità (o
triade) aveva un luogo di “elezione”,cioè una città che le era
particolarmente devota e in cui essa si rendeva presente nelle statue
che le rappresentavano e che venivano onorate nei templi.
Come
in Mesopotamia, numerose erano le triadi divine (o famiglie di
divinità) delle più importanti città egizie:
Tebe:
Amon, Mut, Khonsu
Elefantina:
Khnum, Satet, Anuket
Edfou:
Horus, Hathor, Harsomtous
Menfi:
Ptah, Sekmet, Nefertum
Kom
Ombo :
Haroeris Hathor e Sobek
Principali divinità
Atom-Ra
>
Personificazione
del dio solare, associato ad Atum -il tutto- è, secondo le teologie
Eliopolita ed Ermopolita, il creatore dell’universo. Viaggiava nel
cielo con il suo equipaggio su due barche: quella del giorno e quella
della notte. Veniva ingoiato la sera da Nut e partorito la mattina.
Da lui era stata emanata una figlia, Maat. Dio principale di
Eliopoli, creatore per eccellenza, fu poi identificato con il sole la
sera. I suoi animali sacri erano il leone, il serpente e l’icneumone.
Maat
> Divinità
astratta, simbolo della verità e della giustizia. Figura nella
cerimonia del giudizio del defunto. Dea della “regola” a cui
dovevano attenersi uomini, re e dei. Energia coesiva dell’Universo,
sovrintende all’Ordine Cosmico e alla Giustizia.
Shu
> Dio
dell’aria secca, figlio di Atum-Ra e gemello di Tefnut di cui è
sposo. Genera Geb e Nut.
Tefnut
> Dea
dell’aria umida, figlia di Atum-Ra e gemella e sposa di Shu. Dea di
Oxyrhynchos. La criniera è simbolo di forza.
Geb
> Dio
della terra, sposo e fratello di Nut, padre di Osiride, Iside, Seth e
Nefthi
Nut
> Dea
del cielo, sorella e sposa di Geb, madre di Osiride, Iside, Seth e
Nefthi. Ingoia il sole a tramonto e lo partorisce al mattino.
Iside
> Figlia
di Nut e Geb, é la grande maga, la dea madre e regina. Osiride ne é
lo sposo-fratello, Horus il figlio. Il suo nome significa “il
trono”.
Osiride
> Dio
di Busiride. Figlio di Nut e Geb, é il dio-re dell’Egitto, lo
sposo-fratello di Iside e il padre di Horus. Dopo la morte regna
sull’aldilà dove, oltre che sovrano, é giudice supremo. Come dio
della vegetazione viene spesso rappresentato in forma di mummia da
cui germogliavano delle piante. È
un Dio risorto, Re dell’Oltretomba
Nefti
> Dea
di Diospolis Parva. Figlia di Geb e Nut, sorella di Osiride, Iside e
Seth, di quest’ultimo anche sposa (pur non innamorata) e madre di
Anubi. E’ la Dea patrona della casa.
Seth
> Dio
di Ombos. Figlio di Nut e Geb, fratello di Osiride, Iside e Nefthi,
di quest’ultima anche sposo. Dio della siccità e del cattivo
tempo, in senso lato potenza distruttrice, simbolo del male. Dio del
caos, secondo la leggenda fu l’uccisore di suo fratello Osiride.
Hathor
> Dea
di Afroditopolis e di Dendera. Dea dell’amore, patrona della musica
e della danza, generalmente rappresentata nell’aspetto di vacca. Il
suo emblema era il sistro.
Horus
> Dio
di Behdet. Dio falco sdoppiato in Horus il Grande (Haroeris) e in
Horus Bambino (Arpocrate). Figlio di Iside e Osiride, regna
sull’Egitto dopo la morte del padre. I faraoni sono considerati
suoi discendenti.
Anubi
> Dio
sciacallo di Cinopolis, assiste Horus e Thot nella pesatura del cuore
dei defunti, preposto ai segreti di cui ne è custode. E’ figlio
illegittimo di Osiride e di Nefti.
Thot
> Dio
di Hermopolis. Dio della saggezza, messaggero degli dei.
Nell’oltretomba assiste alla pesatura del cuore del defunto. E’
generalmente rappresentato con al testa di ibis. E’ il dio della
scienza, della scrittura, delle arti magiche e delle fasi lunari.
Nell'antico
Egitto il tempio era considerato la "casa del dio", ovvero
il luogo in cui era celebrato il culto, da cui partivano le
celebrazioni in suo onore ed era per questo chiamato tempio
divino.
La struttura
architettonica del tempio riflette la cosmogonia (mito o dottrina che
ha per oggetto la formazione dell’Universo o l'immagine che si ha
di esso) egizia, ed il tempio stesso, indipendentemente dalla
divinità principale ospitata, rappresentava per similitudine
l'origine del mondo.
Veniva
generalmente edificato sulla sponda orientale delNilo, verso il sole
nascente e non deve essere confuso con il tempio funerario (piramide
o mastaba) dedicato al culto del sovrano che era invece edificato
sulla sponda occidentale del fiume, dove il sole tramonta.
a.
il Pilone:
normalmente preceduto da un viale di sfingi, è costituito da due
muraglioni rastremati verso l'alto che rappresentano le lontane
montagne tra cui il sole nasce e muore. La facciata è sempre
decorata con scene del Re che uccide il nemico, a simboleggiare la
vittoria del bene sul male, dell'ordine sul disordine, della verità
sull'ingiustizia;
b.
la Corte Colonnata: a
cielo aperto; si tratta di un'area semi-pubblica in cui possono
accedere i fedeli, ed è decorato con scene del Re vittorioso. Mano a
mano che ci si inoltra nel complesso templare la figura del sovrano
si va sacralizzando, fino al naos in cui verrà rappresentato
nell'atto di offrire cibo al Dio o di ricevere, da questi, doni;
c.
la sala Ipostila :
normalmente dotata di un numero di colonne multiplo di 3 o 4,
rappresenta la palude primordiale da cui emergerà il monticello
primigenio; le colonne simboleggiano una fitta foresta in cui la luce
a stento può penetrare, tra il fogliame, così come difficilmente la
luce penetra nella sala dalle finestre a feritoia aperte in alto. Il
soffitto è generalmente dipinto di stelle o simboli di divinità;
d.
il Vestibolo: in cui
si preparavano le operazioni di culto della divinità;
e.
la la Cella : (o
Naos), il luogo più sacro del tempio che contiene la statua del Dio a
cui può accedere solo il Re e, in sua vece, il Sommo Sacerdote non
in quanto tale, ma esclusivamente quale sostituto del sovrano.
f.
alcune Cappelle laterali:
che ospitano altre divinità incluso il sovrano adorato come un dio o
sono utilizzate come magazzini.
Le pareti
del tempio erano decorate con dipinti di varie figure e geroglifici
(sono i segni scolpiti o dipinti che compongono il sistema di
scrittura) in onore del Dio e del sovrano che lo aveva edificato.
I
sacerdoti facevano
parte dell'apparato burocratico delle stato e avevano una precisa
gerarchia.
Prestavano
servizio un trimestre all'anno e per il resto del tempo si
mescolavano alla vita delle città.
Rasati,
depilati, vestiti di puro lino, esperti in teologia, gli uomini del
clero potevano essere grandi amministratori, primi, secondi, terzi,
quarti profeti del dio, ovvero purificatori,scribi e astronomi
che
fissavano il momento delle cerimonie, specialisti nel riconoscere i
giorni fausti o nefasti ed, ancora, cantori, musici d'arpa, di flauto
o di tromba.
Per
le donne vi era un ruolo temporaneo di cantatrici sacre e, nell'epoca
tarda, quello di "sposa divina di Ammon", o "adoratrice
del dio", che toccava a una delle figlie del re.
Le festività e il culto
- Le festività religiose più importanti erano quelle legateal ciclo della terra o delle stagioni e degli astri. Quindi si trattava di feste agricole primaverili (risveglio della natura) e autunnali (raccolta dei frutti della terra) che si svolgevano con sfarzose processioni delle statue delle divinità, ma la festa più importatante era quella in occasione dell'innodazione del Nilo, inoltre veniva festeggiato il capodanno.
- Vi erano poi le feste dedicate alle varie divinità e al faraone.
Da ricordare
la Festa di Opet
dedicata ad Amon, dio ariete di Tebe.
In questa
festa, le statue della triade tebana, composta da Amon, la sposa Mut ed il figlio Khonsu, uscivano dal dal tempio di Karnak e venivano
portata nella Cappella del Sud
del grande tempio di Luxor costruito principalmente per la
celebrazione di questa ricorrenza.
Per quanto
riguarda il faraone al compimento del loro trentesimo anno di regno si
celebrava la festa di Heb-Sed
(festa giubilare).
Secondo
l'ipotesi di molti studiosi, si ritiene che questa festa derivi
dall'antichissima usanza, di mettere a morte il re quando questi,
data l'età avanzata, non fosse più stato in grado di difendere il
proprio popolo. La cerimonia, perciò, doveva servire al regnante per
dimostrare la sua ancor valida vigoria fisica. Nel recinto della
piramide a gradoni di Re Djoser sorgono due strane costruzioni a
forma di lettera "B" che si ritiene costituissero una sorta
di "mete" tra cui il re doveva eseguire una corsa rituale.
Il rito
sarebbe consistito anche nel portare il sovrano ad una sorta di
catalessi procurata da una pozione di fiori di loto, e dopo aver
raggiunto questo stato, il re veniva deposto dai sacerdoti in un
sarcofago, ove restava per diversi giorni. Al risveglio risultava in
perfetta forma fisica e mentale, sicché il re si "rigenerava"
riacquistando il proprio vigore; successivamente, la festa veniva
ripetuta con cadenza non periodica.
Questa
cerimonia durava circa due mesi ed era suddivisa in tre fasi: nella
prima veniva ripetuto il cerimoniale di incoronazione; nella seconda
aveva ampio ruolo la famiglia del sovrano; nella terza veniva eretto
un pilastro (djed) simbolo di eternità.
- I fedeli inoltre potevano rendere omaggio agli dei anche presso altari domesti.
- Molto diffusa era anche la pratica di indossare amuleti e vari oggetti, a cui venivano attribui ti poteri magici.
L'uomo la vita e la morte
Secondo gli
egizi, ogni individuo era formato da almeno tre elementi spirituali:
l’akh, il ka e il ba.
- L’akh, raffigurato come un ibis, era una potenza soprannaturale, un elemento solare e luminoso che permetteva a ogni individuo di accedere alle stelle dopo la morte.
- Il ka era una manifestazione delle energie vitali che ogni essere possiede. Il ka era la forza che permetteva di sopravvivere dopo la morte e di riprendere un’esistenza nell’aldilà simile a quella che si era condotta sulla terra; a tal fine però il ka doveva essere continuamente alimentato affinchè conservasse la sua efficacia.
Per questa
ragione le statue racchiuse nel serdab (struttura presente nelle
tombe dell’Antico Egitto costituita da una camera destinata alla
statua raffigurante il Ka del defunto), ricevevano cibo, bevande e
fumigazioni, formule d’offerta indirizzate al ka del defunto.
- Il ba è forse l’elemento che più si avvicina alla nostra concezione di anima. Raffigurato come un uccello a testa umana, questo era immortale e indipendente dal corpo; poteva infatti allontanarsi dal cadavere del defunto. Così lo vediamo raffigurato, per esempio, mentre vola intorno alla tomba, appollaiato su un albero o mentre si disseta in uno stagno.
Oltre a
questi tre principi, vi erano l’ombra, un doppio immateriale che
l’uomo assumeva nel corso della vita e il nome. Quest’ultimo era
ritenuto un secondo io. Nominare una persona, anche se defunta,
significava farla esistere; così le statue e le stele contenevano un
insieme di precise indicazioni circa l’identità del defunto, in
modo che il suo ka continuasse a godere nell’aldilà di tutti gli
alimenti e le offerte dei vivi.
La vita dopo la morte
Durante
l'evolversi della storia umana presso varie culture si è fatto
ricorso, in modo più o meno ampio, a tecniche di mummificazione. La
civiltà più certamente nota per le sue mummie è senza dubbio
quellaEgizia. Da fenomeno naturale la conservazione dei corpi divenne
una vera arte la cui diffusione si estese da rituale riservato al
sovrano alla sua famiglia e via via ai nobili ed ai ricchi in
generale. Gli imbalsamatori, che univano conoscenze di anatomia umana
e chimica a rituali religiosi, dovevano agire con rapidità per
evitare che il cadavere iniziasse a decomporsi a causa del clima
caldo dell?Egitto. Questo lavoro era affidato a specialisti che
lavoravano in laboratori appositamente attrezzati, in prossimità del
Nilo o di uno dei suoi canali (per i diversi lavaggi che subiva il
corpo durante le diverse fasi del lavoro). Il completamento del
processo di imbalsamazione richiedeva circa 70 giorni, circostanza
che permetteva anche di completare la tomba del defunto.
Il primo
passo del processo consisteva nella rimozione dal corpo degli organi
interni, la cui presenza avrebbe potuto accelerare il processo di
putrefazione. Il cervello veniva rimosso dalla scatola cranica
grazie ad uncini metallici inseriti attraverso le narici.
Polmoni, stomaco ed intestini venivano rimossi attraverso un'incisione
sull'addome. L'unico organo che non veniva rimosso era il cuore che
veniva considerato la sede dell'anima.
Gli organi
interni rimossi venivano conservati all'interno di speciali vasi,
detti vasi canopi,
chiamati così da Canopo, una città sul delta del Nilo, aventi le
fattezze dei quattro figli di Horus.
Questi vasi venivano deposti
nella tomba durante i riti funebri e consegnati con il defunto alla
nuova vita eterna. Secondo le scritture, il cuore veniva poi pesato
su una bilancia da Anubi, confrontandolo con una piuma, simbolo di
"leggerezza dell'anima", quindi di giustizia. Nel caso la
piuma fosse stata più pesante del cuore, avrebbe garantito la vita
eterna al possessore. In caso contrario, questi veniva dato in pasto
all'essere ibrido Ammit detta la "Divoratrice". Essendo il
cuore simbolo della vita, questo gesto rappresentava la morte eterna
dell'individuo
In epoca
tarda anche gli organi interni subirono il processo di mummificazione
e di avvolgimento con bende di tela per poi essere reintrodotti
nell'addome ma i vasi canopi, anche se ormai privi di utilità
pratica, continuarono ad essere deposti nelle tombe.
Dopo
l'asportazione degli organi, si procedeva alla disidratazione del
corpo, immergendolo per un periodo di circa 40 giorni in natron, un
sale di sodio esistente in natura che si depositava nelle pozze di
esondazione del Nilo dopo il loro prosciugamento.
Il corpo
svuotato dagli organi veniva poi lavato con vino di palma che grazie
al suo elevato tasso di alcool impediva lo sviluppo dei batteri decompositori.
Dopo questa
operazione nell'addome venivano introdotte bende impregnate di
natron, pezzi di lino e segatura. Il corpo veniva poi ricoperto con
lo stesso sale e infine unto con appositi oli balsamici (resine di
conifere ed altre piante, cere d'api, oli aromatizzati ecc.).
Al termine
di questa fase il cadavere si presentava completamente disidratato
seppur ancora riconoscibile. L'incisione addominale veniva allora
coperta con una placca metallica detta l'occhio di Horo.
Al termine
di queste operazioni il corpo veniva strettamente avvolto con strisce
di tela di lino spesso impregnate di resina; questo passaggio era
molto importante sia per una durata lunga, sia per una buona
presentazione del corpo.
Sulle bende
di tela venivano riportate formule magiche aventi lo scopo di
proteggere il corpo e tra i vari strati del bendaggio venivano
inseriti vari amuleti legati alla vita.
Alla
mummificazione seguiva il funerale vero e proprio con la sistemazione
del corpo nella tomba. Le cerimonie, e la tomba, variavano a seconda
dello stato sociale del defunto, da semplici inumazioni nelle sabbie
del deserto a sepolture in tombe riccamente decorate e dotate di
preziosi corredi funebri.
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