mercoledì 24 dicembre 2014

La Bibbia al tempo di Gesù

Il testo della Bibbia nel I secolo

Al tempo di Gesù, cioè nel I secolo d.C., era già stato fissato il canone per quanto riguarda la Thora e i libri di genere storico e poetico.

Il canone biblico è, negli ambiti ebraico e cristiano, l'elenco dei testi contenuti nella Bibbia, riconosciuti come ispirati da Dio e dunque sacri, normativi per una determinata comunità di credenti in materia di fede e di morale.
La parola 'canone' è la traduzione del greco kanon (κανὡν) (letteralmente 'canna', 'bastone diritto'), il termine in origine indicava lo strumento di misura per la lunghezza (solitamente appunto un bastone diritto), da qui il significato traslato di regola, prescrizione, forma, modello.
Meno certezze abbiamo circa le considerazione in cui erano tenuti i testi che ora fanno parte del corpo sapienziale e poetico della Bibbia. Sappiamo inoltre che vi erano gruppi religiosi in Israele che facevano riferimento a testi attualmente non compresi nel canone ebraico, alcuni dei quali pervenutici e considerati apocrifi.
Il termine apocrifo, indica "ciò che è tenuto nascosto", "ciò che è tenuto lontano (dall'uso)". In origine, il termine "apocrifo" è stato coniato dalle comunità che si servivano di tali testi, poiché erano libri che, in opposizione a quelli comuni, pubblici e manifesti, venivano esclusi dalla pubblica lettura liturgica, in quanto ritenuti portatori di tradizioni errate e contrastanti quelle corrette e quindi accettate poi nell'uso liturgico. Oggi, nell'uso corrente, la parola è riferita comunemente alla tradizione giudeo-cristiana, all'interno della quale è stata coniata. In essa il termine 'apocrifo' assume il significato di testo non incluso nell'elenco dei libri sacri della Bibbia ritenuti ispirati e pertanto non usato a livello dottrinale e liturgico.

Mishnah e Talmud

Le discussioni che avevano come oggetto l'interpretazione della Torah produssero un certo numero di insegnamenti, dapprima orali poi per iscritto: la Mishah e il Talmud
La Mishnah è un termine ebraico («ripetizione, studio, insegnamento») che designa sia la dottrina tradizionale giudaica post-biblica e il suo studio sia la formulazione di una singola norma giuridica e le raccolte di tali norme.

A sua volta la Mishnah, nel VI scolo d.C., conflui nel Talmud.
Talmud in ebraico significa insegnamento, studio, discussione,è uno dei testi sacri dell'Ebraismo. Il Talmud è riconosciuto solo dall'Ebraismo che, assieme ai Midrashim e ad altri testi Rabbinici o mistici noti del Canone ebraico, lo considera come trasmissione e discussione orale della Torah.


Rabbini e discepoli

Al tempo di Gesù la cultura veniva trasmessa, in gran parte, oralmente: l'utilizzo della memoria era quindi della massima importanza anche nell'insegnamento dei rabbini (cioè i maestri che nelle sinagoghe leggevano e commentavano la Thora per la comunità e istruivano i fedeli circa i comportamenti da tenere in circostanze diverse). Essi dovevano conoscere a memoria sia la Thora, sia l'insegnamento dei padri ( raccolto nella Misnah) e le diverse interpretazioni (il Talmud), per potere trovare facilmente e rapidamente nella Bibbia e nella tradizione risposte autorevoli ai problemi che venivano loro posti. I rabbini erano attorniati dal gruppo di discepoli (allievo riferito a chi studia o si rifà agli insegnamenti di un maestro) che frequentavano la loro scuola: per questi discepoli essi dovevano costituire un modello non solo nello studio della Thora, ma anche nella condotta di vita. Ogni gruppo di discepoli faceva riferimento a un rabbino.




venerdì 19 dicembre 2014

Libro di Dio e degli uomini

Da Dio agli uomini
La Bibbia non è solo un testo sacro.oltre a essere un libro di meditazione religiosa e di preghiera è, allo stesso tempo, un'opera letteraria. Un testo poetico e una fonte documentaria storica.
Questa complessità deriva dal suo duplice fondamento: un'origine divina e un carattere umano.
La Bibbia è per i credenti un libro di fede, redatto da uomini gli agiografi, sotto l'ispirazione divina. 



Questo significa che i credenti ritengono che l'iniziativa della sua stesura sia partita direttamente da Dio e dalla sua volontà, ma, per rendere comprensibile la sua Parola, Dio abbia scelto degli uomini cui far giungere la propria ispirazione. Grazie a tale ispirazione questi uomini hanno avuto l'intelligenza di comprendere e tradurre per il resto dell'umanità l'intendimento divino: grazie a loro la parola di vina ha acquistato le caratteristiche formali della parola umana,per poter essere compresa da tutti.




Nella lettura della Bibbia, quindi, bisogna tener presente che ogni autore biblico ha scritto innanzitutto per la gente del proprio popolo e del proprio tempo: ciò giustifica la grande varietà di stili di toni che al suo interno si possono riscontrare.



Molteplici diversità



Quando si legge la Bibbia, bisogna tenere conto di alcune diversità:
  • di origine: i libri sacri vennero scritti nel corso di circa dieci secoli;
  • di ambiente: le culture della Mesopotamia, Palestina, Egitto, Grecia influirono sulla formazione e la stesura dei vari libri;
  • di autori. Sono diversi per cultura, per indole, per il tempo e il luogo in cui hanno vissuto;
  • di argomento: nella Bibbia nel suo insieme a volte persino nello stesso libro coesistono elementi storici, didattici, poetici, profetici, apocalittici, ecc...;
  • di stile letterario: nella Bibbia troviamo dalla nobiltà aristocratica di Isaia ai modi popolareschi di Amos, alla sensibilità di Geremia, ecc...;
  • di generi letterari diversi: varie sono le forme di comunicazione utilizzate dagli autori biblici, ciascuna con caratteristiche proprie. Esistono infatti generi specifici per scrivere di poesia, per narrare la storia, per trasmettere degli insegnamenti, per formulare una preghiera , e così via.
Pertanto per riuscire a interpretare correttamente ciò che l'autore biblico ha voluto comunicare, è fondamentale individuare il genere letterario che egli usa, e tenere presenti l'epoca e il luogo in cui a scritto. D'altro canto, nonostante la varietà di linguaggio del testo, la sostanza e la verità dell'insegnamento biblico provengono sempre da Dio e per questo vanno considerate vere e immutabili.

Generi letterari
I generi letterari sono le varie forme o maniere di scrivere comunemente usate tra gli uomini di una data epoca e regione, poste in relazione costante con determinati contenuti.
In una biblioteca moderna, i libri sono classificati secondo il tipo letterario: romanzi, novelle, poesia, storia, biografie, opere di teatro, ecc. La Bibbia, somiglia a una piccola biblioteca e contiene un'infinità di forme o generi letterari, tra loro spesso mescolati anche all'interno di uno stesso libro.
Nell'Antico Testamento si può trovare poesia popolare (canti del lavoro, dell'amore, del custode o della vittoria, satire, enigmi...), prosa ufficiale (patti, simboli della fede, leggi, istruzioni, esortazioni, cataloghi, lettere...), narrazioni (miti, saghe, racconti eziologici, fiabe, memorie, informazioni, autobiografie...), letteratura profetica (oracoli, visioni, sogni, apocalissi...), generi sapienziali (proverbi, sentenze...), ecc.
Quanto al Nuovo Testamento, nei Vangeli sinottici troviamo detti profetici e sapienziali, paradigmi, parabole, dispute, sentenze, racconti di miracoli, storie della passione, ecc.; nelle lettere si incontrano inni, confessioni di fede, cataloghi di vizi e virtù, precetti per la famiglia, formule di fede, dossologie, ecc.; negli Atti abbiamo discorsi, sommari, preghiere, lettere, racconti di missione, racconti di viaggi, ecc.
Avere coscienza della peculiarità dei generi è molto importante per il nostro accostarci alla Bibbia, proprio perché siamo tentati di livellare i suoi diversi modi di esprimersi. Questo vale soprattutto per le narrazioni, che si tende sempre a leggere come fossero cronache dei fatti, senza sapere poi come affrontare gli inevitabili problemi di storicità di testi che non sono resoconti storici o lo sono in modo assai diverso dal nostro scrivere storia.



lunedì 15 dicembre 2014

La fissazione del Testo

Stesso testo,diverse copie

Come accadde per gli altri testi dell'antichità,anche quello biblico venne ricopiato a mano.
Non possediamo alcun originale, bensì molti manoscritti molto vicini al testo originale. Di molti testi inoltre vi sono diverse copie, trascritte in epoche diverse e con differenti modalità,che sono state catalogate secondo la loro importanza e attendibilità. Fin dall'inizio emerse l'attenzione costante a eliminare gli errori dei copisti, sia quelli dovuti alla normale disattenzione umana sia quelli introdotti volontariamente per cambiare il senso del testo. Il testo ebraico dell'Antico Testamento fu studiato e fissato tra VIII e il X secolo d.C. A opera di alcuni studiosi ebrei, i masoreti.


I masoreti furono eruditi e scribi ebrei che tra il VII e l'XI secolo d.C. si riunirono prevalentemente nelle città di Tiberiade e Gerusalemme per studiare e sistematizzare la Tanakh. Procedettero alla progressiva eliminazione di tutto ciò che essi giudicarono errori, deformazioni del testo e aggiunte inserite dai vari copisti, accumulate nel corso dei secoli, e alla minuziosa revisione dell’intero Antico Testamento per la comunità giudaica.
Essi accompagnarono il testo con annotazioni statistiche che avevano lo scopo di facilitare il controllo delle copie, come ad esempio l’individuazione della parola centrale di ogni libro ed il numero di parole e perfino di lettere presenti nello stesso.
Il più antico testo da loro realizzato è il Codice babilonese e la loro opera contribuì grandemente a preservare l’Antico Testamento ebraico nel corso del Medioevo.



I manoscritti di Qumram

I Manoscritti del Mar Morto (o Rotoli del Mar Morto) sono un insieme di manoscritti rinvenuti nei pressi del Mar Morto. Di essi fanno parte varie raccolte di testi, tra cui i Manoscritti di Qumran, che ne costituiscono una delle parti più importanti. I rotoli del Mar Morto sono composti da circa 900 documenti, compresi testi della Bibbia ebraica, scoperti tra il 1947 e ile il 1956 in undici grotte dentro e intorno al Uadi di Qumram, vicino alle rovine dell'antico insediamento di Kirbet Qumram, sulla riva nord-occidentale del Mar Morto.
I testi sono di grande significato religioso e storico, in quanto comprendono alcune fra le più antiche copie superstiti note dei libri biblici e dei loro commenti, e conservano la testimonianza della fine del tardo giudaismo del Secondo Tempio. Essi sono scritti in ebraico,aramaico e greco, per lo più su pergamena, ma con alcuni scritti su papiro. Tali manoscritti datano in genere tra il 150 a.C. e il 70 d.C. I Rotoli sono comunemente associati all'antica setta ebraica detta degli Esseni.


Il ritrovamento di questi importanti reperti risale all'aprile del 1947, quando un giovane pastore beduino di nome Muhammad Ahmad al-Hamid, appartenente alla tribù Ta‘amire, scoprì casualmente quella che oggi è chiamata "grotta 1", posta a circa 1 km a nord di Qumran. Sembra che Muhammad abbia scoperto la grotta inseguendo una capra che si era staccata dal suo gregge.
Il giorno dopo ritornò sul posto con un compagno e si arrampicò nella grotta scoprendo una serie di giare di terracotta, tutte più o meno cilindriche e munite di coperchio, nelle quali erano stati deposti dei rotoli avvolti nel lino. Secondo l'intervista fatta ai beduini nel documentario "L'Enigma dei Rotoli del Mar Morto", il giovane beduino aveva l'abitudine di tirare pietre nelle cavità che localizzava nei dintorni in cerca di tesori nascosti. E un giorno sentì il suono di un vaso che si infrangeva. Non è certo però che il giovane beduino fosse da solo quando si recò all'esplorazione della grotta per la prima volta.


I materiali usati per scrivere la Bibbia

La Bibbia fu scritta su materiali analoghi a quelli delle altre composizioni antiche: la pietra, l'argilla, il cuoio, il legno, le tavolette ricoperte di cera e, sopratutto, il papiro e la pergamena.
Papiro è la superficie di scrittura ricavata da una pianta acquatica, molto comune nel delta del Nilo e in alcune parti del Mediterraneo, un'erba palustre della famiglia delle Cyperaceae, il Cyperus papyrus.
Si ha notizia della lavorazione del papiro già dal 3000 a.C., quando grazie ad un raro frammento di carta di papiro non scritto, fu possibile risalire a tale data. Gli egiziani chiamavano i fogli prodotti dalla pianta del papiro shefedu, i greci li chiamavano biblos (dal nome della città fenicia di Biblo, principale porto d'esportazione del papiro) e i romani charta. La carta di papiro rappresentò una vera e propria rivoluzione nel campo della scrittura, poiché risultava facilmente pieghevole, leggera e di colore chiaro, tutte qualità adatte per gli scritti. L' Egitto ebbe nell'antichità l'esclusiva della produzione di carta papiro; lungo le rive del fiume Nilo. La sua produzione si distribuiva in più fasi: la raccolta della pianta, la sua divisione del fusto in lamine, la realizzazione del foglio, la rifinitura e l'assemblaggio del rotolo. I fogli ricavati dal papiro venivano poi destinati ad usi diversi in base alla loro qualità, stabilita in base alla loro dimensione. Dell'antica arte della produzione egizia del papiro, purtroppo, non ci rimangono notizie tramandate.


Sul papiro si poteva scrivere in righe orizzontali, generalmente su un solo lato del foglio, usando sia un pennello che uno strumento appuntito e intinto nell'inchiostro. La pagina veniva quindi suddivisa in colonne. Sull'altro lato del foglio poteva essere fissato un bastoncino chiamato “ombelico”, attorno al quale veniva avvolto il rotolo, conservato poi in uno scaffale o in appositi contenitori

La pergamena (detta anche cartapecora o carta pecudina) è una pelle di animale non conciata e composta di collagene, utilizzata come supporto scrittorio fino al XIV secolo, quando venne gradatamente soppiantata dalla carta di canapa o d'altre fibre tessili. Presenta una struttura coriacea ed elastica, per cui il degrado non avviene frequentemente.
La pergamena può essere prodotta con pelli di pecora,di capra o di vitello opportunamente depilate e fatte asciugare sotto tensione.
La pergamena (membrana o vellum in latino) prende nome dalla città di Pergamo (nell'Asia minore) dove, secondo la tradizione riferita da Plinio il Vecchio, sarebbe stata utilizzata attorno al II secolo aC., in sostituzione del papiro.
Nel mondo antico la pergamena non ebbe comunque grande diffusione, a causa della concorrenza del papiro, prodotto molto più abbondante e meno costoso. Soltanto a partire dalla tarda antichità (V secolo) la diffusione della pergamena sembrò aumentare fino a diventare il principale supporto scrittorio durante il Medioevo e prima di essere sostituita definitivamente dalla carta.

La forma dei libri era duplice:
Il rotolo o rotulus è stato progettato come supporto di scrittura, in cui una striscia lunga e stretta di papiro o pergamena, scritta da un lato, è stata anche descritta come una "tapparella o serranda (avvolta) sul suo bastone di legno".
I "rotoli" hanno formato il primo tipo di “volume” (volume dal latino volvere, avvolgere), di cui abbiamo conoscenza. Molti di questi rotulus sono stati recuperati nella loro forma primitiva provenienti dagli scavi di Ercolano e altrove.

Il codice è un libro manoscritto. L'origine del nome deriva dal latino caudex "tronco d'albero", poi chiamato codex, si riferisce all'uso antico di scrivere su tavolette di legno ricoperte di cera, unite insieme da anelli metallici o da una striscia di cuoio.
Nel corso del tempo il termine codex andò a indicare l'unione di un insieme di queste tavolette fino a indicare un insieme di fogli rilegati insieme che andavano a contrapporsi con il volumen, ovvero ai fogli che venivano avvolti a rotolo.
I più antichi codici conservati sono egiziani e risalgono al I secolo d.C., e quindi il loro impiego, diffusosi in quegli anni, si protrasse fino all'invenzione della stampa.
Il successo dell'uso del codice si giustificò sia per la grande disponibilità della materia prima sia per la sua destinazione, che ricevette un grande impulso dalla Chiesa non solo per l'uso didattico ma anche per la facilità di lettura e di scrittura e per la rottura con la tradizione pagana, legata ancora al volumen.

La pergamena venne sostituita intorno al X secolo dalla carta. Fu l'invenzione della stampa, alla metà del XV secolo, a promuovere
la diffusione della Bibbia. Essa fu infatti la prima opera a essere stampata tipograficamente e ancor oggi è il libro più stampato e tradotto nel mondo.

sabato 6 dicembre 2014

Dal racconto al testo

Testi diversi, autori diversi



La stesura dei libri della Bibbia ebraica non è legata a un solo autore nè tanto meno circoscritta, ma riguarda un arco di tempo di quasi un migliaio di anni ( i testi più antichi risalgono infatti a oltre 1000 anni prima di Cristo).
Il momento della stesura, soprattutto per l'Antico Testamento, fu preceduto da un periodo di tempo molto lungo in cui le tradizioni religiose venivano tramandate oralmente, di generazione in generazione.
La Bibbia, quindi, è formata da libri differenti per origine, genere, composizione, lingua e datazione e sono stati preceduti da una tradizione orale più o meno lunga e comunque difficile da identificare.

Oralità e scrittura

Si definisce tradizione orale il sistema di trasmissione del patrimonio culturale di in un gruppo umano esercitato attraverso l'oralità, senza l'utilizzo della scrittura.
Dalle epoche remote, durante le quali l'uomo cominciò a comunicare attraverso il linguaggio, l'oralità è stata sempre il sistema privilegiato di trasmissione del sapere, essendo il mezzo di comunicazione più diffuso, rapido ed immediato da usare. La tradizione orale comprende quindi forme quali narrazioni, miti (in particolare cosmogonie), canti, frasi, leggende, favole, ecc.
Quindi le storie narrate dalla Bibbia non furono scritte subito, ma nacquero da esperienze vissute con Dio e poi raccontate.
Queste emozioni non furono dimenticate e vennero tramandate oralmente di padre in figlio per lungo tempo senza dimenticare nulla.
L'espressione "tradizione orale" indica tutta la storia di un messaggio trasmesso a parole.
Dopo che gli ebrei si stabilirono in Egitto per la carestia, vi rimasero per quattrocento anni, prima erano ospiti, ma poi divennero schiavi degli egiziani.
Dopo essere stati liberati da Mosè, prima di raggiungere la terra di Canaan, dovettero superare una difficoltà: quella di diventare una comunità.
Non ci fu solo Mosè come loro guida, ma anche altri, ad esempio re Davide.
Davide fu anche un ottimo condottiero che seppe dare anche un'ottima legge e un'amministrazione fra le tribù ebraiche formando un popolo.
Re Davide cercò di valorizzare le tradizioni dei diversi clan e delle diverse tribù, del sud e del nord della loro terra. Durante quel periodo gli Ebrei, per dimostrare l'importanza della loro identità culturale, vollero iniziare a scrivere il libro di Dio ricordando il loro passato.
E da ciò iniziò la tradizione scritta della Bibbia.


Le fasi della stesura
Il consolidamento in forma scritta del testo biblico avvenne attraverso successivi rimaneggiamenti, aggiunte, interpretazioni, fusioni con altri testi.
I momenti saliente della stesura del Tanak furono tre:
  1. il primo fu durante il regno di re Salomone(X sec. a.C.), il quale comprese che per consolidare il proprio potere avrebbe dovuto favorire il formarsi di una cultura omogenea nel suo popolo, recentemente giunto all'unità politica e amministrativa. Vennero così stilate le prime redazioni delle storie delle varie tribù, collegate tra loro da un filo comune: aveva inizio la storiografia ufficiale del Regno unitario;
  2. il secondo momento fu durante il regno di Giosia, re di Giuda, (VII sec. a.C.), il quale si trovò ad accogliere nel proprio territorio i profughi del Regno del Nord in seguito all'invasione assira. Egli tentò dunque di amalgamare le culture e le tradizioni dei due Regni, di Israele e di Giuda;
  3. il terzo, infine, fu il periodo in cui Esdra e Neemia (V-VI sec. a.C.) lavorarono alla redazione definitiva dei primi cinque libri e di tutta la Bibbia, ovvero degli scritti esistenti fino a quel momento.
Il valore e il riconosciuto ai libri,biblici come Parola di Dio fece si che, quando questi vennero fissati definitivamente per iscritto, furono gelosamente conservati nella loro integrità:
  • da un lato vennero continuamente usati, quindi trascritti senza che si verificasse un'interruzione nella trasmissione;
  • dell'altro si esercitò un forte controllo sulla fedeltà dei testi trascritti al testo originale.


Le lingue della Bibbia

Le lingue usate per scrivere i libri dell'Antico Testamento furono tre:,ebraico, aramaico e greco.

La lingua ebraica
In questa lingua sono stati scritto ben 42 libri (su 46) dell’Antico Testamento: I restanti quattro (Tobia, 2° libro dei Maccabei, Siracide, Sapienza) li possediamo in greco, ma forse la maggior parte di essi fu composto in ebraico visti i frammenti ebraici trovati a Qumran, sulla riva occidentale del Mar Morto. La lingua appartiene al ceppo semitico insieme all’aramaico e all’arabo e prende il nome da «Eber», un antenato del patriarca Abramo (Gn10,21).
La lingua era parlata in Palestina già al tempo della migrazione di Abramo dalla Mesopotamia (sec. 18°) e qui fu adottata dai patriarchi e dal popolo ebreo che le dettero il loro nome. Per oltre un millennio essa continuò ad accompagnare il popolo di Dio durante la permanenza in Egitto, nel ritorno in Palestina, durante il periodo dei Giudici e della Monarchia, accompagnando la vita quotidiana dei due regno, quello di Giuda e quello di Israele. Fu la lingua che parlarono le più antiche tradizioni orali dei patriarchi e della loro tribù.
Durante l’esilio babilonese, nel 6° sec. a.C., gli ebrei adottarono, nel linguaggio quotidiano, la lingua dei babilonesi e dei persiano, l’aramaico, divenuta ormai lingua internazionale in tutto il medio oriente. Ma l’ebraico rimase la lingua letteraria e liturgica, nelle scuole, nel Tempio, nelle sinagoghe, e in alcuni circoli religiosi, come la comunità di Qumran, dove quasi tutti gli scritti furono copiati e composti nella lingua tradizionale. I libri della Bibbia continuarono ad esser composti, copiati e letti in ebraico classico o biblico. Nelle sinagoghe, al tempo di Gesù, la Scrittura si leggeva negli originali ebraici, anche se la gente comune non la capiva più. Dopo la lettura ufficiale, il testo veniva allora tradotto oralmente in aramaico, per renderlo comprensibile agli ascoltatori.



La lingua aramaica
Era la lingua degli «aramei», un’antica popolazione nomade proveniente dal deserto siriaco, che nel 12° secolo invase la Mesopotamia (Iraq), la Siria, la Palestina e il Libano fino alla Turchia. Nel 740 a.C. divenne lingua ufficiale dell’impero Assiro, poi, nel 600 a.C. di quello Babilonese e, nel 500 divenne la lingua del grande impero Persiano e quindi lingua internazionale. Da allora si diffuse in Palestina è fu la lingua parlata da Gesù.



La lingua greca
Si tratta di un dialetto greco, chiamato Koiné (che significa lingua comune) parlato nel bacino del Mediterraneo fin dalla morte di Alessandro Magno (323 a.C.), un antenato del greco moderno parlato oggi in Grecia. In questo dialetto,parlato ormai in tutto il bacino del Mediterraneo, circa nel 200 a.C. fu tradotta la Bibbia ebraica, ad Alessandria d’Egitto, per gli ebrei di lingua greca. La traduzione fu chiamata «Versione dei Settanta» (LXX), perché, secondo una tradizione leggendaria contenuta nella Lettera di Aristea, sarebbe stata fatta in contemporanea da settanta traduttori inviati, insieme al testo ebraico, da Gerusalemme.