sabato 6 dicembre 2014

Dal racconto al testo

Testi diversi, autori diversi



La stesura dei libri della Bibbia ebraica non è legata a un solo autore nè tanto meno circoscritta, ma riguarda un arco di tempo di quasi un migliaio di anni ( i testi più antichi risalgono infatti a oltre 1000 anni prima di Cristo).
Il momento della stesura, soprattutto per l'Antico Testamento, fu preceduto da un periodo di tempo molto lungo in cui le tradizioni religiose venivano tramandate oralmente, di generazione in generazione.
La Bibbia, quindi, è formata da libri differenti per origine, genere, composizione, lingua e datazione e sono stati preceduti da una tradizione orale più o meno lunga e comunque difficile da identificare.

Oralità e scrittura

Si definisce tradizione orale il sistema di trasmissione del patrimonio culturale di in un gruppo umano esercitato attraverso l'oralità, senza l'utilizzo della scrittura.
Dalle epoche remote, durante le quali l'uomo cominciò a comunicare attraverso il linguaggio, l'oralità è stata sempre il sistema privilegiato di trasmissione del sapere, essendo il mezzo di comunicazione più diffuso, rapido ed immediato da usare. La tradizione orale comprende quindi forme quali narrazioni, miti (in particolare cosmogonie), canti, frasi, leggende, favole, ecc.
Quindi le storie narrate dalla Bibbia non furono scritte subito, ma nacquero da esperienze vissute con Dio e poi raccontate.
Queste emozioni non furono dimenticate e vennero tramandate oralmente di padre in figlio per lungo tempo senza dimenticare nulla.
L'espressione "tradizione orale" indica tutta la storia di un messaggio trasmesso a parole.
Dopo che gli ebrei si stabilirono in Egitto per la carestia, vi rimasero per quattrocento anni, prima erano ospiti, ma poi divennero schiavi degli egiziani.
Dopo essere stati liberati da Mosè, prima di raggiungere la terra di Canaan, dovettero superare una difficoltà: quella di diventare una comunità.
Non ci fu solo Mosè come loro guida, ma anche altri, ad esempio re Davide.
Davide fu anche un ottimo condottiero che seppe dare anche un'ottima legge e un'amministrazione fra le tribù ebraiche formando un popolo.
Re Davide cercò di valorizzare le tradizioni dei diversi clan e delle diverse tribù, del sud e del nord della loro terra. Durante quel periodo gli Ebrei, per dimostrare l'importanza della loro identità culturale, vollero iniziare a scrivere il libro di Dio ricordando il loro passato.
E da ciò iniziò la tradizione scritta della Bibbia.


Le fasi della stesura
Il consolidamento in forma scritta del testo biblico avvenne attraverso successivi rimaneggiamenti, aggiunte, interpretazioni, fusioni con altri testi.
I momenti saliente della stesura del Tanak furono tre:
  1. il primo fu durante il regno di re Salomone(X sec. a.C.), il quale comprese che per consolidare il proprio potere avrebbe dovuto favorire il formarsi di una cultura omogenea nel suo popolo, recentemente giunto all'unità politica e amministrativa. Vennero così stilate le prime redazioni delle storie delle varie tribù, collegate tra loro da un filo comune: aveva inizio la storiografia ufficiale del Regno unitario;
  2. il secondo momento fu durante il regno di Giosia, re di Giuda, (VII sec. a.C.), il quale si trovò ad accogliere nel proprio territorio i profughi del Regno del Nord in seguito all'invasione assira. Egli tentò dunque di amalgamare le culture e le tradizioni dei due Regni, di Israele e di Giuda;
  3. il terzo, infine, fu il periodo in cui Esdra e Neemia (V-VI sec. a.C.) lavorarono alla redazione definitiva dei primi cinque libri e di tutta la Bibbia, ovvero degli scritti esistenti fino a quel momento.
Il valore e il riconosciuto ai libri,biblici come Parola di Dio fece si che, quando questi vennero fissati definitivamente per iscritto, furono gelosamente conservati nella loro integrità:
  • da un lato vennero continuamente usati, quindi trascritti senza che si verificasse un'interruzione nella trasmissione;
  • dell'altro si esercitò un forte controllo sulla fedeltà dei testi trascritti al testo originale.


Le lingue della Bibbia

Le lingue usate per scrivere i libri dell'Antico Testamento furono tre:,ebraico, aramaico e greco.

La lingua ebraica
In questa lingua sono stati scritto ben 42 libri (su 46) dell’Antico Testamento: I restanti quattro (Tobia, 2° libro dei Maccabei, Siracide, Sapienza) li possediamo in greco, ma forse la maggior parte di essi fu composto in ebraico visti i frammenti ebraici trovati a Qumran, sulla riva occidentale del Mar Morto. La lingua appartiene al ceppo semitico insieme all’aramaico e all’arabo e prende il nome da «Eber», un antenato del patriarca Abramo (Gn10,21).
La lingua era parlata in Palestina già al tempo della migrazione di Abramo dalla Mesopotamia (sec. 18°) e qui fu adottata dai patriarchi e dal popolo ebreo che le dettero il loro nome. Per oltre un millennio essa continuò ad accompagnare il popolo di Dio durante la permanenza in Egitto, nel ritorno in Palestina, durante il periodo dei Giudici e della Monarchia, accompagnando la vita quotidiana dei due regno, quello di Giuda e quello di Israele. Fu la lingua che parlarono le più antiche tradizioni orali dei patriarchi e della loro tribù.
Durante l’esilio babilonese, nel 6° sec. a.C., gli ebrei adottarono, nel linguaggio quotidiano, la lingua dei babilonesi e dei persiano, l’aramaico, divenuta ormai lingua internazionale in tutto il medio oriente. Ma l’ebraico rimase la lingua letteraria e liturgica, nelle scuole, nel Tempio, nelle sinagoghe, e in alcuni circoli religiosi, come la comunità di Qumran, dove quasi tutti gli scritti furono copiati e composti nella lingua tradizionale. I libri della Bibbia continuarono ad esser composti, copiati e letti in ebraico classico o biblico. Nelle sinagoghe, al tempo di Gesù, la Scrittura si leggeva negli originali ebraici, anche se la gente comune non la capiva più. Dopo la lettura ufficiale, il testo veniva allora tradotto oralmente in aramaico, per renderlo comprensibile agli ascoltatori.



La lingua aramaica
Era la lingua degli «aramei», un’antica popolazione nomade proveniente dal deserto siriaco, che nel 12° secolo invase la Mesopotamia (Iraq), la Siria, la Palestina e il Libano fino alla Turchia. Nel 740 a.C. divenne lingua ufficiale dell’impero Assiro, poi, nel 600 a.C. di quello Babilonese e, nel 500 divenne la lingua del grande impero Persiano e quindi lingua internazionale. Da allora si diffuse in Palestina è fu la lingua parlata da Gesù.



La lingua greca
Si tratta di un dialetto greco, chiamato Koiné (che significa lingua comune) parlato nel bacino del Mediterraneo fin dalla morte di Alessandro Magno (323 a.C.), un antenato del greco moderno parlato oggi in Grecia. In questo dialetto,parlato ormai in tutto il bacino del Mediterraneo, circa nel 200 a.C. fu tradotta la Bibbia ebraica, ad Alessandria d’Egitto, per gli ebrei di lingua greca. La traduzione fu chiamata «Versione dei Settanta» (LXX), perché, secondo una tradizione leggendaria contenuta nella Lettera di Aristea, sarebbe stata fatta in contemporanea da settanta traduttori inviati, insieme al testo ebraico, da Gerusalemme.


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